Alla vigilia dello storico voto referendario di domani che deciderà se la Scozia – dopo ben 307 anni – si staccherà dal Regno Unito, è interessante buttare un occhio rispetto a quelle è successo nelle ultime settimane in rete in entrambi i fronti, gli indipendentisti del SI e gli unionisti del NO. Dall’altra parte, con il “to close to call” previsto dai sondaggi e le dubbie previsioni degli esperti, i milioni di messaggi, azioni e contenuti che hanno inondato il web nell’ultimo periodo possono rappresentare davvero l’ago della bilancia.
Secondo una ricerca condotta dall’Università di Strathclyde, il referendum ha generato più di 10 milioni di ‘interazioni’ su Facebook, in un periodo di circa cinque settimane. Quando si parla di interazione si parla un po’ di tutto: commenti, nascita di gruppi di sensibilizzazione, condivisione di video e immagini relative al referendum, ect. In questo universo di conversazioni a spuntarla sarebbero gli indipendentisti: la ricerca suggerisce infatti che per 2.05 milioni a 1,95 milioni di interiazioni (un leggerissimo vantaggio, certo) vincerebbero i sostenitori del SI.
Questa tendenza è verificabile anche soltanto andando a vedersi i “Mi piace” sulle pagine ufficiali delle campagne. Mentre la pagina della campagna del SI conta oltre 300mila “Mi Piace”, quella del “NO” è ferma a circa 212mila. Stessa musica per quanta riguarda i Followers su Twitter.
Rispetto a questo un grafico prodotto dalla ricerca è piuttosto esaustivo, e mostra lo stacco sempre maggiore raggiunto dai likers/condivisioni su Facebook e dai followers su Twitter del SI e rispetto a quelli del NO. Per calcolarlo si sono sottratti dai profili della campagna del SI, i Likers/Condivisioni/Followers di quella del NO. E’ anche interessante notare come l’ultimo periodo sia quello dove sempre di più il SI è cresciuto (ed è anche quello dove la campagna referendaria è entrata nel vivo).

La differenza fra la Campagna del SI (“YES Scotland” e quella del NO (“Better Togheter”) in termini numerici sui Social Media
Per quanto riguarda i tweets, invece, in termini numerici, è ancora un testa a testa. Ma mentre il fronte del No (“Better Togheter”) era in vantaggio nel primo periodo della campagna, progressivamente il SI (“Yes Scotland”) ha recuperato posizioni fino a raggiungerlo.

I numeri dei tweets della campagna del SI (“Yes Scotland”) confrontati con quelli del NO (“Better Togheter”)
Il sito RT, ispirato da questa ricerca, ha analizzato anche dei campioni di utenti di Twitter per verificare se ci fossero dei modelli riconoscibili nel modo con cui si è parlato del referendum. E le differenze nell’approccio cui le informazioni sono state diffuse dai campi del ‘SI’ e ‘NO’ sono venute a galla.

Visualizzazione reticolare dei tweets che hanno usato #voteyes (Indipendentisti)
Il grafico sopra mostra un gran numero di utenti campione che hanno coinvolto altre persone (i puntini blu): mentre i “raggruppamenti” (le zone folte, per intenderci) rappresentano un’alta densità di utenti che hanno utilizzato l’hashtag, il gran numero di connessioni fra questi raggruppamenti e gli utenti esterni rappresentano invece la capacità della campagna del SI a “trainare” a sé altri utenti, a coinvolgerli nella propria campagna per l’indipendenza.

Visualizzazione reticolare dei tweets che hanno usato #voteno (Unionisti)
Diversamente gli utenti che hanno utilizzato #voteno probabilmente sono stati meno coinvolgenti: la “zona folta” non è così decentrata, dunque è i sostenitori del “NO” sono stati meno capaci a coinvolgere altri utenti a condividere i propri contenuti.
Beninteso: tutto questo, dicevamo, sui Social Media. Cosa accadrà nella realtà (influenzabile sono un minima parte dal virtuale) lo vedremo domani.
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