Come sappiamo su Facebook da anni persegue una precisa politica per scoraggiare gli utenti a iscriversi sul Social Network con un nome fittizio, incoraggiando al contrario l’uso del nome reale. Negli ultimi anni, per adesso esclusivamente negli Stati Uniti, Facebook tende a costringere gli utenti a confermare il loro nome di registrazione come nome reale. Cosa succede quando però l’utente in questione è una Drag Queen, ovvero un performer con un proprio nome d’arte?
Il nodo è venuto al pettine quando la scorsa settimana, Facebook ha sospeso in massa dei profili personali di alcune Drag Queen, in quanto violavano la policy del “nome reale”: tutti account registrati con il loro nome d’arte e non con il loro nome e cognome di nascita. Fra di loro però c’era anche “Sister Roma”, membro delle Sisters of Perpetual Indulgence, un’associazione di attivisti GLBT molto nota a San Francisco. Non c’è voluto molto perché montasse il caso: l’associazione ha accusato il Social Network di discriminare le Drag Queen, obiettando che i nomi d’arte sono a tutti gli effetti i veri nomi delle performers in quanto conosciuti in questo modo.

Una Drag Queen (“Heklina”) che è stata costretta ad usare sul suo profilo Facebook il nome reale Steven Grygelko
Da tutto questo è nato un dibattito in rete sulle legittimità per Facebook di imporre la propria policy sui nomi reali anche costringendo le Drag Queen a fare a meno della propria identità. Sul tema è intervenuta perfino l’Anti-Defamation League, una commissione per i diritti civili che sorprendentemente ha preso però le difese del Social Network in quanto valuta l’anonimato degli utenti un incentivo per coloro che vogliono commettere atti di molestie o di bullismo. Di contro Michael Williams, in arte “Sister Roma” ha ricordato come spesso le Drag Queen vogliono dimenticare i loro veri nomi proprio perché portatori di un passato di abusi e di sofferenze.
Lo scontro è andato avanti per giorni, con tanto di manifestazioni di protesta indette dalle Drag Queen e campagne su Change.org per mobilitare sostenitori intorno al problema. Tanto che Facebook mercoledì scorso ha accettato di incontrare alcuni rappresentati della comunità.
Today’s the big day. Meeting with @Facebook. We’re representing a million users with “fake” names with a million valid reasons. #MyNameIs
— Sister Roma (@SisterRoma) 17 Settembre 2014
L’incontro però non è servito a molto: Facebook ha riattivato i profili che aveva recentemente disattivato, ma ha rifiutato che il caso “Drag Queen” venisse considerato un’eccezione alla politica dei “nomi reali” da applicare in modo permanente e futuro a tutti gli utenti americani. Le Drag Queen in questione avranno tempo due settimane per decidere se cambiare il loro nome d’arte nel loro nome reale o se migrare dal loro profilo personale a Pagina (dove i nome d’arte sono naturalmente consentiti).
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